Tra la vita e la morte di mezzo c’è la paura

Il volto della PAURA. La paura di ciò che non conosciamo, di ciò che uccide senza pietà, senza preservare i bambini, i malati, i medici e i volontari che operano in campi di battaglie per salvare il numero più alto di vite umane. La paura sta invadendo gli animi, soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti di terrorismo.

Questo mondo globalizzato, dove tutto è in

Girotondo di bambini uniti dalla speranza
Girotondo di bambini uniti dalla speranza

rete, dove le popolazioni di diverse etnie e razze convivono, dove le religioni si intersecano, dove le mode, i cibi, le usanze si mescolano in un melting pot pazzesco, questo mondo è sempre più in movimento verso il cambiamento. Al contempo sembra di vivere anni passati che la storia ha raccontato nelle pagine dei libri studiati a scuola, nei racconti dei nonni e dei reduci delle grandi guerre mondiali, quello che viviamo oggi ha un nuovo volto.

Da una parte la vita che corre inesorabilmente verso nuove frontiere, nuovi successi in campo medico, nuove scoperte di enorme importanza, e dall’altra parte vi è la fine di tutto, la morte che arriva quando deve arrivare naturalmente, che è conseguenza di lunghe e dolorose malattie, o che è arma distruttiva di folli pazzi scatenati che, in nome del loro Dio, vogliono distruggere tutto ciò che non condividono. Estremismo e fanatismo religioso che nulla ha a che vedere con i tanti musulmani che vivono e professano la propria religione in maniera sana. Gli stessi Imam, presenti in Italia, affermano che “Questi criminali sono nemici dell’umanità intera e dello stesso Islam”.

Il mondo è in pericolo, il terrore è sempre in agguato perché non conosciamo il nostro nemico. Lo potremmo incontrare ovunque, in uno stadio di calcio o in un concerto, in pizzeria o per strada. I fatti accaduti a Parigi ci hanno fatto riflettere. Abbiamo imparato che ciò che sembrava lontano e che guardavamo solo in TV è vicino a noi, potrebbe accadere anche nelle nostre città e quindi non possiamo restare a guardare.

Nel nostro piccolo possiamo fare ben poco, educare alla tolleranza e al rispetto delle diversità, ai valori etici. Spetta a chi ci governa e alle grandi istituzioni mondiali trovare un rimedio a ciò che sta accadendo. Non possiamo vivere nel terrore, nella paura, non possiamo chiuderci in casa o cambiare le nostre abitudini e arrivare a negare anche la nostra fede. Sarebbe la vittoria del terrorismo, la morte delle coscienze, la morte della religione, la morte delle attività quotidiane e dei nostri costumi.

Restiamo fieri della nostra identità, difendiamo le nostre culture e tradizioni, ma diventiamo un crogiuolo di speranza, di cultura della pace, della convivenza tra diversi senza cadere negli eccessi del disprezzo, nella banalità di chi pensa che gli occidentali siano tutte brave persone e chi ha pelle, lingua e religione diversa sia necessariamente portatore di male.

«C’è un tempo per tacere e c’è un tempo per parlare. Quello che oggi stiamo vivendo è il tempo per parlare. E voglia il cielo che tutti ci persuadiamo di questa verità: che delle nostre parole dobbiamo rendere conto davanti al tribunale della storia, ma dei nostri silenzi dobbiamo rendere conto davanti al tribunale di Dio». Così parlava Don Tonino Bello, un santo tra gli uomini.

Anna Rochira