Come foglie dello stesso albero i ragazzi a scuola e nel mondo

Abedin, è il nome (di fantasia) del piccolo protagonista di questa storia. Di origine marocchina, da diversi anni in Italia con poca padronanza della lingua del Paese ospitante, ma un vero esperto di francese. Abedin frequenta la terza classe di un istituto comprensivo e la sua difficoltà a comunicare con i compagni di classe lo ha reso solitario e silenzioso. Non partecipa ai lavori di gruppo, assiste impassibile alle battute dei suoi compagni di classe, cambiando espressione facciale a seconda della maggioranza di essi. Vorrebbe integrarsi, ma se non si affretta ad imparare l’italiano ha poche possibilità di comprendere le lezioni e di relazionarsi con il mondo della scuola. La sua zona comfort è la sua casa, lì Abedin può parlare liberamente, ridere e scherzare con i suoi cinque fratelli. Può raccontare aneddoti alla sua mamma che resta in casa tutto il giorno come da tradizione familiare e può liberamente dire ciò che pensa dei suoi compagni. Li descrive uno ad uno, nella sua madrelingua, si sofferma sui loro segni particolari e così: Andrea è alto e magro da sembrare un manico di scopa in movimento, Giovanni tutto il suo contrario, una ‘pallozzola’ affettuosa sempre pronto ad aiutarlo, Loris troppo vivace, viene ripreso dall’insegnante e bisogna stargli lontano se non si vuol rischiare di beccarsi una nota per le sue innumerevoli marachelle. Alfredo è il più studioso e fa fatica a suggerire ai compagni. Poche sono le femminucce nella classe di Abedin e son tutte simpatiche e allegre, a volte parlano tra loro, ridacchiano e arrossiscono e quando i maschietti si avvicinano cambiano subito argomento. Il mondo di Abedid è bello e a colori, può finalmente vivere in un Paese libero senza rischiare la vita, ma quanta strada occorre ancora fare per sentirsi parte dello stesso mondo? Della stessa umanità? Quanti ‘sì’ dovrà ancora dire Abedin facendo finta d’aver capito prima di esser stato realmente integrato in un aula in cui tutti, dal primo all’ultimo compagno, dalla sua docente di potenziamento linguistico a tutti gli altri, avranno realmente conosciuto la sua persona? Basta poco per far sentire parte di una comunità chi deve ancora integrarsi, basterebbe chiedergli abitudini, preferenze in fatto di sport, musica, hobby e un piccolo grande mondo può aprirsi per tutti.

Come foglie di uno stesso albero con grandi radici ci si può nutrire delle culture altrui, la ricchezza della diversità è come una valigia ricca di cianfrusaglie: a volte dimentichiamo dove abbiamo acquistato un oggetto, ma non lo buttiamo via perché fa parte di bei ricordi. Un profumo, un colore, un suono, tante cose ci riportano indietro nel tempo o in luoghi diversi dove abbiamo lasciato un po’ di noi e assorbito una piccola porzione di mondo. Così, tutte le volte che veniamo a contatto con la diversità (ma poi diversi da chi? Diversi da cosa?) noi ci arricchiamo e arricchiamo la vita di chi condivide con noi i suoi sorrisi, la sua esistenza, la sua interiorità.

Partendo dall’integrazione scolastica un futuro migliore sarà possibile, un futuro fatto di uomini e donne che condividono le proprie peculiarità rendendole punti di forza, divenendo artefici essi stessi del cambiamento tanto auspicato che, il mondo degli adulti attuali, fa ancora tanta fatica ad attuare

Anna Rochira