Ambiente svenduto e sogni di bambini infranti in un cumulo di polveri e ferro

Esiste un luogo in questa bellissima Italia, giù a Sud, in Puglia: un grande centro abitato da un’immensa fabbrica di acciaio (e morte) riconoscibile dai suoi giganteschi altoforni a strisce bianche e rosse che si elevano al cielo per raggiungere il punto più alto dov’è possibile sputare lingue di fumo velenoso. Ci lavorano tantissime persone in questo posto speciale, in passato era una luce nel buio dell’immersa povertà, oggi è il ricatto morale per tanti padri di famiglia che al mattino presto lasciano la propria abitazione senza sapere se torneranno a casa ancora con uno stipendio, se alla prossima visita medica riceveranno cattive notizie, se riusciranno a tornare con i propri piedi o trasportati in una cassa marrone perché magari sono stati travolti da un macchinario. Eh sì, perché in questa grande fabbrica di acciaio e di veleni c’è anche chi ha perso la vita: morti bianche le chiamano, ma di bianco e candido non hanno niente se non il lenzuolo con cui si coprono i corpi esanimi. Però il “Mostro” ha dato, e continua a dare, tanto lavoro, tanti premi produzione, straordinari, promozioni a chi, zelante, svolge il proprio dovere. Offre stabilità economica, promette contratti a tempo indeterminato non si obietta se mancano caschi e mascherine, non importa se il pericolo non è nascosto dietro l’angolo, ma è evidente a tutti. Se non si pretendono misure di sicurezza adeguate non fa niente perché gli operai sono felici lo stesso, devono solo passare le ore e poi si è già sulla via del ritorno e poco importa se togliendosi la tuta blu e indossando gli abiti ci si porta dietro un po’ di polveri inquinanti. Magari le portiamo in casa, vicino ai bambini, continuiamo a respirarle in auto, perché tanto tutto è inquinato: cosa vuoi che siano due grammi di polveri di ferro che volano in cielo nei wind day o che colorano la pioggia di rosso? Cosa vuoi che sia una tosse che si confonde con il raffreddore invernale o con l’allergia primaverile? Tutto cambia e comincia a destare preoccupazione quando i disturbi persistono e compare anche la febbre senza motivo, e lì le gambe cominciano a tremare, la mente è affollata da pensieri negativi e le sentenze di morte o di terribili malattie sono in agguato, però resta lo stipendio e per fortuna che c’è altrimenti la famiglia non si potrebbe mantenere, il mutuo non si potrebbe estinguere, la macchina nuova non sarebbe possibile, i viaggi non si potrebbero fare. Scegliere tra il pane e la salute: questa è la scelta che ogni operaio, che lavora nel più grande siderurgico d’Europa, deve fare ogni mattina e in ogni caso la risposta è sbagliata perché non ci sono valide alternative. C’è chi spera di vedere un enorme parco divertimenti, un terreno rigoglioso da coltivare, aziende biologiche da far nascere sulle macerie dell’ILVA e c’è chi opera solo la copertura dei parchi minerali come unica soluzione alla dispersione delle maledette polveri. La situazione è complicata, c’è un processo in atto, ci sono i Riva dal passato, i decreti leggi nel mezzo e la nuova gestione che dovrebbe rappresentare il futuro fatto di soluzioni. E poi ci sono loro, gli operai. Le tute blu che animano il mostro, lo rendono produttivo, lo nutrono con la loro stessa vita, a volte in cambio della propria vita! Tra di loro c’è chi è “libero e pensante”, chi si adopera a far valere i propri diritti, chi contesta per il solo gusto di farlo,  chi è apatico e vuol solo portare la pagnotta a casa senza pensare al domani, c’è chi ama il contratto di solidarietà perché permette di sbrigare le proprie commissioni o di fare un secondo lavoro, e soprattutto c’è chi lavora onestamente. Purtroppo c’è anche chi a testa china lavora silenzioso pur avendo diritto a stare in un luogo più sicuro, perché ammalato, ma che non può rivelarlo a nessuno poiché in casa ci sono altri problemi e quindi non ci si può permettere di perdere l’unico sostentamento economico. E ancora, ci sono i bambini, i nostri bambini tarantini ammalati, piccoli grandi eroi che a capo rasato lottano contro il Mostro, contro il sistema, contro un destino amaro che non è fatto di palloncini, colori e costruzioni, ma di flebo e lettini d’ospedali. Loro sì che sono speciali! Sono la pietra miliare su cui fondare un futuro diverso per la città di Taranto, sono, anzi dovrebbero essere, i destinatari degli sforzi di chi ci governa. Vedere un visetto pallido, con occhi persi nella sofferenza, ma con la spontaneità che è tipica dell’infanzia, dovrebbe far smuovere le coscienze di chi può e deve fare qualcosa affinché non ci sia più nessun bambino con la testa rasata dalla chemioterapia! Vogliamo solo bambini felici, solo spazi verdi dove giocare con padri lavoratori che diventano anziani, questo è il sogno di noi, tarantini per nascita che,a volte, per evitare tutto ciò, abbandoniamo la nostra amata terra.

Anna Rochira